mercoledì 20 gennaio 2016

Pasta e fagioli dei vecchi nonni per l'MTC n. 53


Della mia eredità veneta, per parte materna, mi sono rimaste  - oltre alle “e strette”, che si stringono ancora di più se sono sulla via dell'arrabbiatura, tradendo  subito il fatto che io, pur nata a Milano, non abbia nella mie vene purissimo sangue lombardo - alcune  ricette, che passando per la cucina della nonna e poi per quella di mia madre, sono arrivate fino a me.
Più che la nonna materna, abilissima con ago e filo, il vero depositario delle ricette familiari era  il nonno, cresciuto nella trattoria dei suoi,  nella campagna veneta del primo Novecento, nella cui cucina comandava sua madre.  L’osteria era in realtà non della mia bisnonna, una donnina minuta che aveva messo al mondo un numero piuttosto consistente di figli, gemelli compresi, ma di sua suocera,  donna misteriosissima che era riuscita a garantirsi capitale sufficiente per avviare l'attività grazie a non meglio precisati viaggi di affari avanti e indietro dall’Argentina, da uno dei quali era tornata, senza marito come quando era partita,  ma con un bebè  che aveva battezzato con un nome di sicuro inusuale per i Colli Euganei e molto più diffuso  al Sud…..
Tra le specialità dell'osteria non mancava, ovviamente, la pasta e fagioli alla veneta la cui ricetta il mio nonno si era  premurato di scrivere alle figlie - mia zia e mia madre - giovani spose, fermamente convinto che il marito si prende (anche) per la gola.....

Ecco quindi, per la sfida n. 53 dell'MTC la ricetta della "Pasta e fagioli " come scritta di suo pugno dal mio nonno

 



Pasta e fagioli dei vecchi nonni

Ingredienti
Fagioli di prima qualità
Cipolla dolce
 Cotenna di pancetta
Lardo
Prezzemolo
Pomodori perini  (o pelati)
Prezzemolo, pepe, cannella, sale ( o dado)

Ora facciamo la minestra
(per due persone)

1^ fase

Mettere in una pentola con 2 litri di acqua 200 grammi di fagioli freschi sbucciati, ½ cipolla dolce e due pomodori a peretta (o due pelati in mancanza di pomodori freschi) e la cotenna.
Far bollire a fuoco lento finchè i fagioli sono cotti: tempo di cottura 2 ore e mezzo circa.

2^ fase
Ora con un quarto della stessa cipolla, aggiunta ad una bella manciata di prezzemolo e 25 grammi di lardo, fai un bel trito: trita tutto il più sottilmente possibile.
Ora prendi un’altra pentola, non più piccola della prima e ci metti dentro il trito di cipolla, prezzemolo e lardo, aggiungi due cucchiai di olio d’oliva e 10 grammi di burro: soffriggi sempre a fuoco lentissimo fino a “rosatura oro” (così è fatto el desfrito).

3^ fase
Ora i fagioli sono cotti; è cotto anche il soffritto che deve restare sul fuoco mentre con un mestolo bucato tiri su i fagioli dal loro bel brodo marrone, li sgoccioli bene e li butti nel soffritto mescolando il tutto per un minuto; poi aggiungi un pizzico di pepe, uno di cannella, niente sale se metti il dado; mescola sempre senza bruciare niente.
A questo punto puoi aggiungere tutto il brodo (acqua di cottura) rimasto e, se serve ancora un paio di mestoli d’acqua: fai bollire il tutto per 8-10 minuti

4^ fase
Ora butti la pasta all’uovo o senza uovo o anche il riso, come meglio ti piace; la pasta senza uovo e il riso assorbono molto brodo, la pasta all’uovo ne assorbe poco perché si cuoce in pochi minuti.


Nota a piè di pagina n. 1: Il nonno consigliava fagioli galiziani o ballottoni, la nonna si impuntava sui Lamon che – ogni anno – regalava a mia madre, convita che qui, nelle sperdute e desolate lande lacustri fossero introvabili. Io ho usato i Lamon secchi, mettendone a bagno un etto  per 12 ore.
Il nonno consigliava la cipolla bianca piatta, io preferisco lo scalogno.
Non avendo perini e non usando pelati ho utilizzato 4 o 5 pomodorini freschi.
Ho usato delle tagliatelle all'uovo casalinghe che avevo conservato congelate da  Natale: un po' spessine come piacciono a me, che non si sciolgano nella minestra; richiedoni quindi qualche minuti in più di cottura.

Nota a piè di pagina n. 2: attenzione al "desfrito"... se brucia o "si attacca" , meglio ripartire da capo....

Nota a piè di pagina n. 3: il pizzico di cannella (in realtà un soffio) era un ingrediente che il nonno usava spesso, anche là dove nessuno lo avrebbe mai immaginato e  - forse – era eredità  di quella sua nonna viaggiatrice che – chissa... – nelle sue avventurose spedizioni oltreoceano aveva imparato ad usare in modo originale e insolito le spezie.

Nota a piè di pagina n. 4: se le "e" strette mi sono rimaste come marchio veneto, l’accento però rivela subito – dice mio fratello – il fatto che da vent'anni io lavoro in un paesotto che non è più lago e  non è ancora Brianza ed è indubbio che per me sia facile destreggiarmi tra le U e le Ü  del dialetto lacustre, forse perché – come racconta la leggenda familiare – mio padre , che di ninne nanne non ce ne ha mai cantate – per farmi addormentare in culla pare  leggesse ad alta voce sonetti e poesie del Porta.....

Nota a piè di pagina n. 5: questa ricetta non serve a prendere il sig. Darcy per la gola, dato che - come ama il riso - così detesta tutti i legumi (ahimè...)

mercoledì 6 gennaio 2016

L'augurio per il 2016

Vi auguro sogni a non finire
la voglia furiosa di realizzarne qualcuno
vi auguro di amare ciò che si deve amare
e di dimenticare ciò che si deve dimenticare
vi auguro passioni
vi auguro silenzi
vi auguro il canto degli uccelli al risveglio
e risate di bambini
vi auguro di resistere all’affondamento,
all’indifferenza,
alle virtù negative della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto di essere voi stessi.

Jacques Brel


E io aggiungo, per me in primo luogo, l’augurio di saper cogliere le sfide, soprattutto quelle piccole (non sono un'eroina..), soprattutto quelle che servono solo a dimostrare a me stessa, che, nonostante l’età non sia più quella in cui si guarda al futuro come promessa, nonostante  i pensieri e  le preoccupazioni, a dispetto della  mancanza di tempo,  delle sconfitte e dei rimpianti, c’è posto, nella banale quotidianità della mia vita,  anche  per la leggerezza, per la bellezza, per un sorriso, per la dolcezza

E una sfida l’ho colta e l’ho vinta ancora prima della fine dell’anno, come avevo detto qui ….

Pulla: il Pandolce di Natale
(da "Fragole a merenda" di Sabrine d'Aubergine) 


Ingredienti

 

per l'impasto

80 grammi di burro (più un pezzetto per ungere la ciotola)
150 ml di latte
100 g di zucchero semolato
4 cucchiaini di cannella in polvere (la ricetta prevede anche 3 cucchiaini di cannella e 3 di cardamomo, 
spezia che in casa Fiordisambuco non è amata)
7 grammi di lievito di birra secco
400 grammi di manitoba
1 pizzico di sale fino
2 uova

per la glassa
1 uovo
3 cucchiai di latte
2 cucchiai di zucchero semolato

Procedimento

Mettere la farina in una ciotola ampia, unire il sale; mescolare con la frusta e formare un incavo al centro.
Tagliare il burro freddo  a fettine
Intiepidire il latte, aggiungere metà dello zucchero, la cannella e il lievito e mescolare bene; lasciar riposare una decina di minuti.
Con la frusta montare le uova con lo zucchero rimanente, aggiungere la miscela di lievito, latte & c. (che nel frattempo ha formato una schiuma densa in superficie) e versare tutto nella ciotola della farina.
Mescolare con il cucchiaio fino a che, raccogliendo tutta la farina, si forma un impasto appiccicoso e, a questo punto, raccogliete la sfida di trasformare questo "impiastro" in un impasto liscio e morbido.

Sabrine lo spiega alla perfezione: il trucco consiste nell'ungere le mani con il burro, un pezzetto per volta, e lavore quindi l'impasto prima nella ciotola e poi sulla spianatoia, a sua volta unta di burro, sbattendolo e  ripiegandolo su se stesso, girandolo poi di 90°  e via di seguito per circa 200 volte
Se proprio l'impasto è ribelle, lo si può addomesticare per renderlo più maneggevole lasciandolo riposare un quarto d'ora sotto una ciotola, sulla spianatoia unta.
Nel domare questo impasto non si deve essere pigri, come ho fatto io, che per risparmiarmi di  recuparare la spianatoia e lavarla ho usato l'asse della polenta (tafferia per i letterati) che, sotto i miei colpi, viaggiava qua e là per il tavolo.....
Quando l'impasto, alla fine del trattamento, è liscio, metterlo in una ciotola pulita e unta di burro; sigillare con la pellicola e lasciarlo riposare fino a che non è raddoppiato di volume (2-3 ore).


Poi sgonfiarlo, con il palmo della mano, ripiegarlo su se stesso nella ciotola; sigillarlo nuovamente e riporlo in frigorifero per una notte (tra le 12 e le 24 ore: io ho preparato l'impasto il pomeriggio del sabato per avere il dolce pronto la domenica sera, infornandolo nel pomeriggio.....)
Tirare fuori dal frigorifero l'impasto un'ora e mezza prima di cuocerlo; rovesciarlo sul piano di lavoro leggermente infarinato, sgonfiarlo, dividerlo in sei parti e da ciascuna ricavare un rotolino (devo dire che tutto sommato l'impasto era sufficientemente maneggevole..). Intrecciare tre rotolini per volta formando due trecce a tre capi.
Disporle su una teglia ricoperta di carta da forno e lasciar riposare ancora un'oretta al coperto.


Nel frattempo sbattere l'uovo con il latte;  spennellare le trecce e mettere in forno già caldo ( 220°); unire due cucchiai di latte e uovo con lo zucchero ottenendo una glassa densa con cui spennellare ulteriormente le trecce dopo i primi 15 minuti di cottura. 
 Infornare nuovamente fino a che la pulla è ben dorata e cotta anche all'interno (il mio forno fa i capricci e i 5 minuti suggeriti da Sabrine non sono stati sufficienti per la seconda parte della cottura: ce ne sono voluti quasi altri quindici che hanno cotto perfettamente il dolce  all'interno ma abbronzato un po' troppo l'esterno, senza però bruciarlo).
La Pulla, anche senza il cardamomo, è riuscita profumatissima e morbida, lievemente appiccicosa in superficie, lasciando anche le dita dolci e all'aroma di cannella: una delle due trecce è stata gustata la sera stessa della preparazione, accompagnata dal punch di Frau; l'altra è stata tagliata a fette e congelata e ha profumato la nostra prima colazione del giorno di Natale



E la prima sfida del nuovo anno è stata riuscire  mantenere viva, ancora una volta, la tradizione dei  pupulotti per l'Epifania, infornati di corsa lunedì sera, dopo cena e dopo il lavoro,  con l’aiuto della Pulce che, a dispetto dei miei capelli a carciofo, dei pantaloni sformati, delle ciabatte con calzini, delle occhiaie di quarantacinquenne alle dieci sera, mentre infornavamo biscotti passando con nonchalance casalinga da Springsteen a Van De Sfroos, mi ha guardato di sbieco e ha sentenziato “Mamma, sembri una ragazzina”, facendomi salire in gola una delle più belle risate di questi tempi…..



Nota a piè di pagina n. 1: lo so mancano parte delle immagini, ma quelle con la preparazione delle trecce sono sparite...

Nota a piè di pagina n. 2: il forno fa i capricci, l'ho già detto e infatti ne arriverà presto uno nuovo!

Nota a piè di pagina n. 3: il canto degli uccelli al mattino c’è (c'è anche il chiocciare delle galline); ci sono anche le risate di bambini perchè la Pulce è ancora nell’età in cui regala con uguale misura sorrisi, capricci, lacrime e risate. 
E'  sui sogni che devo lavorare, non perchè non ne abbia, ma perchè - per esperienza - ho timore di sognare.....